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Con la recentissima sentenza in commento (n. 1018 del 20.04.2022) , il Tribunale di Milano ha qualificato come subordinato il rapporto tra un rider e la società di “food delivery” con cui lo stesso svolgeva l’attività lavorativa.

Si tratta di una pronuncia che offre interessanti spunti di riflessione in ordine alle modalità di svolgimento della prestazione del lavoratore, nonché al funzionamento della “piattaforma” e al suo utilizzo da parte del rider.
 
In particolare, il Giudice meneghino, richiamando quanto già affermato dalla Corte di Cassazione – secondo cui il rapporto di lavoro del rider può rientrare nei canoni propri del lavoro subordinatoha accertato che il rider lavorasse all’interno e per le finalità di un’organizzazione della società titolare della piattaforma, sulla quale il lavoratore non poteva esercitare alcuna influenza, senza assumere alcun rischio di impresa.
 
Il Tribunale ha, inoltre, accertato, anche sulla base delle dichiarazioni rese dai testimoni nel corso del processo, che la prestazione del rider era completamente organizzata dal datore di lavoro, con particolare riferimento alle modalità di esecuzione, ai tempi e ai luoghi, in quanto:
 
– l’accesso alle fasce orarie di prenotazione non era libero, ma condizionato dal punteggio posseduto dal rider;

– il rider veniva penalizzato con decurtazione del punteggio per il ritardo;

– il rider, per essere selezionato dall’algoritmo e ricevere la proposta, doveva trovarsi nelle vicinanze del locale da cui doveva essere ritirata la merce;

– la piattaforma indicava al rider dove recarsi per ritirare il prodotto e dove consegnarlo;

– la società, attraverso la geolocalizzazione, controllava la posizione del rider durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
 
Alla luce di tali accertamenti, il rapporto tra il rider e la società di “food delivery”, titolare della piattaforma, non poteva qualificarsi come autonomo, non avendo il rider libertà di organizzare la propria prestazione lavorativa, quantomeno in relazione alla circostanza per la quale la scelta dei turni di lavoro del rider dipendeva da un sistema di punteggio, nonché alle modalità di assegnazione degli incarichi in base ad un algoritmo.

Il Tribunale ha, quindi, accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento delle relative differenze retributive.
 
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